RESISTENZA ELETTRICA TRANSFEMMINISTA

  • LE ORIGINI DEL BOICOTTAGGIO

    Il termine “boicottaggio” deriva dal capitano inglese Charles Cunningham Boycott (1832-1897), amministratore terriero in Irlanda nel XIX secolo. Come gestore delle terre del conte di Erne nella contea di Mayo, Boycott era noto per la sua durezza nell’esigere gli affitti dai contadini.

    Nel settembre 1880, Charles Stewart Parnell, leader della Irish Land League, tenne un discorso storico in cui propose di non uccidere i proprietari terrieri oppressivi, ma di isolarli socialmente: evitarli per strada, nei negozi, al mercato e persino in chiesa.

    Quando nell’autunno 1880 i fittavoli non riuscirono a pagare gli affitti a causa dello scarso raccolto e Boycott rifiutò di ridurre il canone oltre il 10%, la comunità lo isolò completamente: nessuno gli parlava, i negozi rifiutavano di servirlo, le lavandaie non gli lavavano più i panni, il postino non gli consegnava la posta, e tutti i suoi dipendenti si dimisero. Il raccolto di Boycott rischiava di marcire, e il governo britannico dovette inviare lavoratori sotto scorta armata, spendendo circa £10.000 per raccogliere £500 di prodotti.

    Prima ancora che la situazione fosse completamente nota in Inghilterra, il termine “boycotting” iniziò ad essere usato, e nel giro di pochi anni la parola entrò in molte lingue: italiano, francese, tedesco, russo e polacco.

    Oggi si distinguono tre tipi principali di boicottaggio: di “coscienza” (per correggere attività contrarie a principi morali), “strategico” (con finalità politiche o economiche da parte di gruppi organizzati o Stati), ed “etico-strategico” (che combina entrambe le posizioni)

    La Marcia del Sale

    Nel marzo 1930, Gandhi lanciò una campagna di disobbedienza civile contro il monopolio britannico sul sale. Il 12 marzo partì da Ahmedabad con alcuni seguaci per una marcia a piedi di circa 380-400 chilometri verso Dandi, sulla costa dell’Oceano Indiano.

    Durante il cammino, migliaia di persone si unirono alla processione. Arrivato alla spiaggia il 6 aprile, Gandhi raccolse simbolicamente un granello di sale, violando la legge. In tutto il paese, migliaia di persone lo imitarono.

    La polizia represse brutalmente i manifestanti con manganelli, ma questi continuarono ad avanzare pacificamente senza reagire. L’impero britannico imprigionò più di 60.000 persone, incluso Gandhi.

    Nel 1931, dopo la liberazione di Gandhi, il governo britannico negoziò il Patto Gandhi-Irwin, con cui i britannici si impegnavano a liberare i prigionieri politici, legittimare la raccolta di sale per uso domestico nelle popolazioni costiere, e riconoscere il diritto degli indiani di boicottare i tessuti inglesi. Questo movimento contribuì significativamente all’indipendenza dell’India, raggiunta il 15 agosto 1947.

    Il Boicottaggio di Montgomery 

    Il 1° dicembre 1955, Rosa Parks, una donna afroamericana di Montgomery (Alabama), si rifiutò di cedere il suo posto in autobus a un passeggero bianco, violando le leggi sulla segregazione. Fu arrestata e condannata a una multa di 14 dollari.

    Il giorno successivo, guidati da Martin Luther King, iniziò il boicottaggio dei mezzi pubblici. La comunità afroamericana si organizzò: i tassisti ridusse le tariffe per eguagliare quelle degli autobus, e si creò una rete di trasporti alternativi. Il boicottaggio durò 381 giorni.

    Il 19 giugno 1956, la Corte Distrettuale degli Stati Uniti stabilì che la segregazione forzata sui mezzi pubblici violava la Costituzione. La Corte Suprema confermò la decisione il 13 novembre 1956, dichiarando la segregazione razziale sui trasporti pubblici incostituzionale. Il boicottaggio terminò il 21 dicembre 1956, dopo 382 giorni, segnando una vittoria storica del movimento per i diritti civili.

    Contro l’Apartheid in Sudafrica

    Nel 1959 fu fondato in Gran Bretagna il Movimento di Boicottaggio, ribattezzato nel 1960 Anti-Apartheid Movement (AAM) dopo il massacro di Sharpeville, dove 69 manifestanti disarmati furono uccisi dalla polizia sudafricana. Il movimento passò da un semplice boicottaggio dei consumatori a una campagna per sanzioni economiche complete e l’isolamento totale del Sudafrica dell’apartheid.

    Il Comitato Olimpico Internazionale ritirò l’invito al Sudafrica per le Olimpiadi di Tokyo 1964, e il paese fu formalmente espulso dal CIO nel 1970. Nel cricket e nel rugby, sport nazionali del Sudafrica, il boicottaggio ebbe effetti devastanti. Nel 1977 il Commonwealth ratificò l’accordo di Gleneagles, che isolò il Sudafrica da tutte le competizioni sportive internazionali.

    Nel 1985 e 1986, la Comunità Economica Europea e altre organizzazioni internazionali vararono misure restrittive: embargo sul commercio di armi, cessazione delle esportazioni di petrolio, interruzione degli scambi culturali e sportivi, ed embargo sui nuovi investimenti.

    Una delle vittorie più significative ottenute mediante il boicottaggio fu l’abolizione del regime dell’apartheid in Sudafrica. Tra il 1987 e il 1993, il Partito Nazionale entrò in negoziazioni bilaterali con l’African National Congress per porre fine alla segregazione. La legislazione dell’apartheid fu abrogata il 17 giugno 1991, portando a elezioni non razziali nell’aprile 1994.

    BOICOTTAGGI MODERNI

    IL CASO NESTLÉ Il 4 luglio 1977 fu lanciato un boicottaggio internazionale contro Nestlé in risposta alle sue pratiche commerciali aggressive nella promozione del latte in polvere nei paesi poveri. L’azienda distribuiva gratuitamente campioni di latte artificiale e utilizzava promotrici vestite da infermiere negli ospedali per convincere le madri ad abbandonare l’allattamento naturale.

    Nel 1974, il giornalista Muller pubblicò un libro intitolato “Baby Killer”, ribattezzato in Svizzera “Nestlé uccide i bambini”, denunciando come le pratiche dell’azienda causassero la morte di bambini nei paesi sottosviluppati a causa dell’uso di acqua contaminata per diluire il latte in polvere e della malnutrizione derivante da eccessiva diluizione.

    L’UNICEF dichiarò che la sostituzione dell’allattamento materno con il latte in polvere nei paesi del Terzo Mondo causava circa un milione e mezzo di morti infantili ogni anno.

    Nel maggio 1981, l’Organizzazione Mondiale della Sanità promulgò il “Codice Internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno”. Nestlé aderì al Codice nel 1984 e il boicottaggio fu temporaneamente sospeso.

    Nel 1988, controlli della International Baby Food Action Network riscontrarono violazioni del Codice da parte di Nestlé e altre compagnie, portando alla ripresa del boicottaggio che continua ancora oggi. Quello contro Nestlé è considerato il più lungo boicottaggio della storia, ormai attivo da oltre 40 anni.

    RISULTATI E IMPATTO DEI BOICOTTAGGI

    Risultati Positivi:

    • Il boicottaggio di Montgomery portò all’abolizione della segregazione sui mezzi pubblici e fu un catalizzatore fondamentale per il movimento dei diritti civili negli USA
    • La marcia del sale di Gandhi ottenne concessioni britanniche e accelerò il processo verso l’indipendenza indiana
    • Il boicottaggio internazionale contribuì alla caduta dell’apartheid in Sudafrica
    • Il boicottaggio Nestlé portò all’adozione del Codice Internazionale OMS sui sostituti del latte materno

    Sfide:

    • Nonostante 40 anni di boicottaggio, Nestlé è diventata la più potente multinazionale al mondo nel settore agroalimentare e continua ad essere accusata di violare il Codice OMS
    • Il successo di un boicottaggio dipende dalla capacità di diffondere il messaggio e mobilitare un numero sufficiente di aderenti

    FA LA TUA PARTE

    Internet ha aumentato la capacità di comunicazione dei movimenti di boicottaggio, consentendo di raggiungere un numero maggiore di aderenti. Il boicottaggio è uno strumento di pressione economica e politica efficace.

    La sua forza risiede nella capacità di trasformare cittadini comuni in attori politici attraverso scelte di consumo consapevoli.

    Nei prossimi articoli affronteremo i movimenti contemporanei e offriremo delle linee guida per fare la nostra parte, anche quando sembra impossibile. Inoltre noterete che alcuni brand ricorrono spesso, dal loro ruolo attivo in genocidi allo sfruttamento di risorse e lavoratori.


    Conoscerli è il primo passo per evitarli
    Boicottarli è il primo passo per cambiare le cose.

  • Sei un hacker, sei anarchico… ma forse non lo sai

    Riprendiamoci due parole che, oltre all’essere state deliberatamente storpiate per spaventarti, hanno molto in comune: hacker e anarchico. Abbandona ogni preconcetto instillato da TG e cinema, appropriati di concetti che già combaciano con i tuoi ideali di amore e condivisione.

     

    Hacker

    Pensa all’ultima volta che qualcosa nella tua vita non funzionava come dovrebbe. Un’app. Una procedura burocratica. Un’organizzazione. Una regola assurda.

    Ti sei mai chiesto: “Ma chi ha deciso che deve funzionare così? C’è un modo migliore?”

    Quello è pensiero hacker.

    Non parliamo di incappucciati al computer che ti svuotano il conto bancario. Parliamo di gente come Tim Berners-Lee che ha inventato il Web, o come Richard Stallman che ha detto “il software deve essere libero” e ha costruito gli strumenti perché fosse possibile. Parliamo anche di tanti altri anonimi che resistono alle imposizioni e i giochi di potere per tutelare la collettività.

    Ma soprattutto: hacking non si limita ai computer. È capire come funziona qualsiasi sistema (una burocrazia, un’organizzazione, una legge, un contratto) per trovare modi creativi di usarlo meglio.

     

    Esempi di hacking quotidiano che forse già fai:

    • Leggi il contratto di affitto per trovare le clausole a tuo favore che il padrone non ti dice
    • Impari a fare riparazioni da solo invece di pagare sempre qualcuno
    • Condividi con altri come bypassare procedure inutili
    • Costruisci qualcosa di utile e creativo con materiali di recupero nati per altro

    Se hai mai fatto una di queste cose, sei già un hacker.

    Il potere ti vuole ignorante e dipendente. Ogni competenza che acquisisci è potere che sottrai a chi vuole controllare la tua vita. Questo è hacking: trasformare l’ignoranza in autonomia.

     

    Anarchico

    Immagina un progetto di lavoro dove nessuno comanda. Dove le decisioni si prendono insieme. Dove se qualcuno ha un’idea la può realizzare, senza aspettare l’ok del capo. Dove le competenze si condividono invece di accumularsi.

    Ti sembra caos? Eppure Wikipedia funziona così. Linux funziona così. Noblogs funziona così. La maggior parte del software che usi ogni giorno è stato costruito così: migliaia di persone che contribuiscono liberamente, senza CEO, senza gerarchia.

    Anarchia non significa disordine, ma cooperazione.

    Ordine senza comando. Significa decidere insieme invece che subire decisioni dall’alto. Significa giudicare le persone per quello che fanno, non per il titolo che hanno.

    Gli spazi anarchici – centri sociali, hackerspace, progetti collettivi – funzionano benissimo. Spesso meglio delle organizzazioni tradizionali, perché chi fa le cose è chi le ha decise. Niente capi che decidono dall’alto senza sapere la realtà. Niente aspettare permessi per fare ciò che va fatto.

    funziona!

    Forse ti è capitato di lavorare in un posto dove il capo poteva fare o dire praticamente qualunque cosa. Dove se sei donna, o queer, o semplicemente non piaci a chi sta sopra, puoi subire senza poter fare molto.

    Gli spazi senza gerarchia sono più sicuri per una ragione semplice: dove tutti hanno lo stesso potere, nessuno può abusarne.

    Nessun superiore che discrimina senza conseguenze. Nessun “esperto” che ti parla dall’alto. Se qualcuno si comporta male, tutti lo vedono. E tutti possono intervenire.

    Condivisione vera, non favori. Quando qualcuno ti insegna qualcosa in cambio di soldi o status, crea dipendenza. Quando te la insegna per mutuo appoggio, ti sta liberando. Negli hackerspace e nei centri sociali le competenze si condividono liberamente: non importa chi sei, da dove vieni, che titoli hai. Importa che vuoi imparare e che sarai disposto a insegnare ad altri.

    Sembra utopia? Eppure funziona. Ogni giorno. In centinaia di spazi. Semplicemente nessuno ti ha mai detto che esistono.

    Linguaggi Diversi
    Stessa Filosofia

    Nel 1984, il giornalista Steven Levy documenta “l’etica hacker” in sei principi:

    • L’accesso ai computer dev’essere totale e illimitato
    • Tutta l’informazione dovrebbe essere libera
    • Diffida dell’autorità, promuovi la decentralizzazione
    • Giudica le persone per quello che fanno, non per i titoli
    • Puoi creare arte e bellezza con la tecnologia
    • La tecnologia può cambiare la vita in meglio

    Ora fai questo esercizio: sostituisci “computer” con “mezzi di produzione” e “hacker” con “lavoratori”. Cosa ottieni? Esattamente ciò che Malatesta e gli anarchici dicevano dal 1890.

    Non è una coincidenza. È la stessa intuizione: i sistemi sono modificabili. Il potere è distribuibile. Le gerarchie sono opzionali (e anche dannose).

    Quando Condividere Diventa Rivoluzione

    Ti hanno insegnato a proteggere le tue conoscenze. “Non dire agli altri come fai, se no non sei più indispensabile”. “Se condividi tutto, cosa ti rende speciale?”

    Ma cosa succederebbe se facessimo il contrario?

    Quando rilasci il tuo lavoro con licenza libera, stai dicendo: il valore non sta nel possedere, sta nell’usare.
    Quando insegni le tue competenze senza chiedere nulla, stai dicendo: la conoscenza non deve essere scarsa per essere preziosa.
    Sembra idealismo? Eppure Linux, Wikipedia e anche i server che ci ospitano funzionano così.
    Nessun CEO. Nessun profitto privato. Solo persone che contribuiscono perché credono che sia giusto.
    Non è buonismo. È costruzione strategica di un’alternativa funzionante.

    Gli Spazi Dove Tutto Questo si Realizza

    Forse pensi: “Bello in teoria, ma nella realtà non funziona”.
    I centri sociali occupati esistono. Gli hackerspace esistono. Le comuni esistono.
    E funzionano.

    Non sono utopie. Sono laboratori concreti dove si sperimenta ogni giorno:

    • Come si decide senza comandare
    • Come si condividono risorse senza mercato
    • Come si impara senza pagare e senza gerarchie
    • Come si vive senza qualcuno che ti dice cosa fare

    Quando sgomberano un centro sociale, non stanno solo buttando fuori della gente. Stanno cancellando la prova vivente che l’alternativa funziona. Stanno chiudendo un esperimento riuscito che fa paura a chi ha interesse nel sistema attuale.

    Come Iniziare

    Forse adesso pensi: “Ok, interessante. Ma io cosa posso fare?”

    Impara qualcosa che ti rende meno dipendente
    Non serve essere geni. Impara a leggere un contratto. Impara a riparare l’oggetto che di solito paghi qualcuno per riparare. Impara come funziona quella procedura burocratica che ti sembra un mistero. Ogni competenza che acquisisci è potere che sottrai a chi vuole controllarti.

    Insegna qualcosa che sai
    Conosci una cosa che altri non sanno? Condividila. Scrivi una guida. Fai un tutorial. Aiuta un amico. Non aspettare di essere “esperto abbastanza”. Insegna mentre impari. Questo è mutuo appoggio.

    Trova (o crea) uno spazio dove sperimentare
    Cerca un hackerspace, un centro sociale, un gruppo di auto-organizzazione nella tua zona. Se non esiste, inizia tu. Può essere semplice: una chat di gruppo dove ci si insegna cose a vicenda. Un’assemblea di quartiere. Un progetto condiviso.

    Usa i sistemi contro se stessi
    Hai mai notato che le regole hanno sempre punti deboli? Impara a trovarli. Usa le procedure contro chi le ha imposte. Trova i vuoti normativi. Non violare le leggi: usale in modi che chi le ha scritte non aveva previsto. Questo è hacking strategico.

    Costruisci alternative concrete
    Non basta criticare. Serve costruire. Ogni progetto open source è un’alternativa al software proprietario. Ogni gruppo di acquisto collettivo è un’alternativa al supermercato. Ogni spazio autogestito è un’alternativa al mercato degli affitti. Piccole cose, concrete, replicabili.

    Cosa Succederebbe Se…

    Immagina un mondo dove:

    • Le competenze sono di tutti, non proprietà di pochi “esperti”
    • Le decisioni le prendono chi le deve attuare, non chi comanda dall’alto
    • Le risorse si condividono invece di accumularsi
    • Impari gratuitamente da chi sa, e insegni gratuitamente a chi non sa
    • Non devi chiedere permessi per fare ciò che è giusto

    Sembra fantasia? È già realtà. In migliaia di spazi. Semplicemente nessuno te lo dice.

    La domanda non è “è possibile?”. La domanda è: perché non lo stai già facendo?

    Il Primo Passo

    Non serve diventare un programmatore esperto o un rivoluzionario a tempo pieno.

    Non serve essere geni o eroi, serve:

    • Imparare una competenza che ti rende più autonomo
    • Insegnare una cosa che sai a qualcuno che non la sa
    • Condividere invece di accumulare
    • Usare un sistema in un modo non previsto da chi l’ha creato
    • Partecipare a uno spazio dove si decide insieme

    Ogni giorno che fai questo, costruisci alternativa. Ogni volta che insegni invece di vendere, pratichi mutuo appoggio. Ogni volta che condividi invece di trattenere, fai un pezzetto di rivoluzione.

    Non è teoria. È pratica quotidiana. È vita vissuta diversamente.

    Hacking e Anarchia, due linguaggi, stessa intuizione.
    Stesso rifiuto delle gerarchie inutili.
    Stessa costruzione di alternative concrete.
    Stessa necessità di cooperare volontariamente per il bene comune.


    “Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza.”Errico Malatesta

     

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  • NoBlogs + A/I: una scelta politica

    Nel dare avvio al laboratorio Resistenza Elettrica Transfemminista, abbiamo scelto di aprire questo blog e ospitarlo sulla piattaforma NoBlogs, gestita da Autistici/Inventati. Non è stata una semplice decisione tecnica: è un gesto politico, coerente con i valori che il laboratorio porta avanti.

    Chi sono Autistici/Inventati?

    Il collettivo Autistici/Inventati (A/I) è un progetto italiano di lungo corso che si occupa di fornire servizi di comunicazione (posta elettronica, blog, hosting, mailing list) a singoli, gruppi, movimenti non commerciali, basati sull’autogestione, sulla trasparenza e sulla tutela della privacy. 

    Le loro regole sono chiare: antifascismo, antisessismo, antirazzismo, antitransfobia, contro il profitto e la commercializzazione della rete. 

    La piattaforma NoBlogs è una delle loro infrastrutture, pensata per ospitare blog e contenuti in modo indipendente dai grandi monopoli del web. 

    Inoltre, Autistici/Inventati dichiara che non registra profili identificabili degli utenti, non tiene log completi, non utilizza la rete come strumento di sorveglianza commerciale. 

    Perché per noi è un atto fondativo

    1. Coerenza con l’autodeterminazione digitale

      Nel nostro manifesto parliamo di autodeterminazione, anonimato, esplorazione dell’identità e resistenza alle piattaforme che ci “controllano o etichettano”. Aprirci su NoBlogs vuol dire usare un’infrastruttura che non basa il suo modello sul profitto, sulla profilazione o sul controllo. È una scelta che realizza concretamente un principio.

    2. Decostruzione delle gerarchie tecnologiche

      Il circuito delle Big Tech, dei social media commerciali, del cloud centralizzato rappresenta per noi un’estensione delle logiche di potere, esclusione e consumo. Trasferire il nostro spazio su un server gestito da Autistici/Inventati significa partecipare a una rete alternativa, autogestita, federata (o quantomeno meno dipendente dal sistema dominante). Questo è esplicitamente un atto di disobbedienza tecnica e politica.

    3. Privacy, comunità, cura

      Il laboratorio vuole essere spazio per tutte le identità, per l’esplorazione e l’emancipazione, non per la sorveglianza e la normalizzazione. Il fatto che il server scelto non raccolga dati identificabili, non funzioni come macchina da marketing, ma come servizio di mutuo aiuto, rende concreta l’idea che l’infrastruttura può essere un atto di cura e comunità, non solo un mezzo di profitto.

    4. Materialità e autonomia

      Anche la scelta tecnica ha una dimensione materiale: serve banda, server, gestione, volontariato, donazioni. Autistici/Inventati è sostenuto da donazioni volontarie e non da modelli commerciali.  Questa forma di “economia della rete” si lega alla nostra idea di anticonsumismo, recupero e autonomia materiale: non accettiamo che la tecnologia sia solo merce, ma la riprendiamo come bene comune.

    Cosa significa per chi ci segue, per chi userà questo spazio

    • Questo blog non è ospitato da una “piattaforma proprietaria” che può chiuderlo, censurarlo o estrarre profitti dai vostri dati.

    • La comunità che lo gestisce è parte attiva della rete alternativa, non una semplice “utenza”.

    • I contenuti che produciamo e ospitiamo sono in uno spazio che rispetta la vostra privacy, che non richiede profilazione, che non sfrutta identità né dati personali come merci.

    • La scelta infrastrutturale è parte del messaggio: tecnologie, server, piattaforme non sono neutre. Lavorare su una rete autogestita significa allineare mezzi e fini.

    Aprire il blog su NoBlogs/Autistici-Inventati è il primo passo materiale di un percorso che vogliamo collettivo, trasformativo e radicato nei valori che abbiamo annunciato. Non siamo semplicemente “un altro sito web”: siamo parte di una rete che mette in questione la tecnica, il consumo, il potere e le identità. E lo facciamo fin dall’infrastruttura.

  • Benvenut*

    Dentro le mura del C.S.O.A. Spartaco che già vive e resiste, nasce il laboratorio di Resistenza Elettrica Transfemminista.

    Una stanza piena di polvere, cavi e possibilità: la puliremo, la arrederemo e la trasformeremo insieme, passo dopo passo. Ogni gesto sarà un atto di disobbedienza creativa contro la logica dell’obsolescenza e del consumo.

    Siamo un gruppo di corpi in corto circuito con il sistema. Pratichiamo un’elettronica transfemminista, aperta, accessibile, antitecnocratica.

    Corrente sarà il nostro diario pubblico di costruzione: racconteremo come lo spazio prende forma, i progetti che nascono dai nostri tavoli, le sperimentazioni elettroniche e le riflessioni politiche su tecnologia, genere e potere.